lunedì 15 novembre 2010

Liberata ma non libera

Come ampiamente annunciato e sperato, finalmente, sabato 13 novembre Aung San Suu Kyi è stata liberata.
Aung San Suu Kyi.
Premio nobel per la pace.
Il regime birmano, ha mantenuto la <promessa> di liberare la prigioniera dopo le elezioni del 5 novembre scorso, elezioni farsa che hanno visto trionfare la giunta militare al potere con un plebiscito dell'80%.

La <Signora> come è soprannominata in patria, è stata liberata dopo una detenzione di sette anni (tra carcere e domiciliari), ma in totale ha passato 15 degli ultimi 21 anni in detenzione, prima carceraria poi domiciliare, con la colpa di voler smuovere le cosciennze, di spronare il suo popolo, stremato e sconfitto da 48 anni di dittatura.

Aung San Suu Kyi, figlia del <padre della patria>, Generale Aung San, primo presidente della Birmania indipendente, il quale verrà ammazzato nel '47, quando la figlia aveva solo due anni, trascorre la prima parte della sua vita in Gran Bretagna e, dopo la laurea a Oxford in filosofia, comincia il suo peregrinare per il mondo che la vede prima in India, dove conosce Gandhi e sposa la sua teoria della non violenza, per poi passare per il Giappone, il Bhutan, e infine negli Usa, a New York, dove cominciò a lavorare per le Nazioni Unite dove conobbe anche il suo futuro marito Michael Aris, studioso di cultura tibetana.
   La <Signora> cominciò a far politica per caso, nel 1988, quando tornò in Birmania per assistere la madre (già ambasciatrice birmana in India) malata. In quell'anno scoppiò una rivolta, poi passata alla storia come la <rivoluzione degli studenti>, contro la giunta militare che da quasi tre decenni soffocava il Paese. Ma dopo alcuni giorni, l'insurrezione fu repressa nel sangue, con circa tremila morti (cifra delle autorità birmane...) e la dittatura, allora capitanata dal generale Ne Win volle venire incontro al suo popolo e alla comunità internazionale indicendo, per la prima volta, delle elezioni politiche generali.
   Suu Kyi, che doveva rimanere in Birmania solo per pochi giorni, (la madre nel frattempo defunse), sentì l'obbligo di fare qualcosa per il suo paese, così come fece suo padre battendosi per l'indipendenza, e cominciò a ribellarsi sfidando le autorità con comizi in giro per il paese. E fu l'anno dopo, il 1989, che fonda il partito LNd (lega nazionale per la democrazia). La reazione delle autorità non si fa attendere, e pochi mesi dopo viene arrestata per la prima volta.

L'anno successivo, il suo partito ottiene alle elezioni un plebiscito dell'80%, ma la giunta militare non riconoscerà mai questo risultato, dapprima annullando le elezioni, e in seguito arrestando di nuovo Aung San Suu Kyi e diversi esponenti del suo partito. Ma i Generali al potere, vollero salvare le apparenze, offrendo a Suu Kyi e famiglia la possibilità di lasciare il paese senza conseguenze, ma ella rifiutò, ben sconoscendo tutte le difficoltà che andava incontro. Infatti dall'89 al '99, vide marito e figli (esiliati a Londra) solo cinque volte e non poté dare l'ultimo saluto al marito, morto di cancro, perchè i militari non le diedero il permesso di partecipare nemmeno ai funerali. Nel 1992 fu insignita di premio nobel per la pace, ma ad Oslo a ritirare il premio fu il figlio al posto della madre sotto detenzione.
   Nel 2000 venne liberata una prima volta, ma non fu una vera e propria scarcerazione, difatti aveva l'obbligo di non lasciare la capitale Rangoon (l'odierna Yangoon) e non le era concesso di parlare in pubblico e fare comizi.

Than Shwe. Generale birmano.
Dittatore del Myanmar.
Così si arriva al 2003 quando la giunta militare, nel frattempo passata sotto il controllo del sanguinario generale Than Shwe, arresta San Suu kyi e centinaia di esponenti della LND. La sua prigionia domestica non è meno dura da quella carceraria, in isolamento completo, senza tv e giornali, non le è permesso ricevere visite, se non quella del suo avvocato, mantiene i contatti con il mondo solo attraverso una piccola e vecchia radio. Anche la sua corrispondenza è pesantemente censurata, ma lei, dalle sue poche lettere a noi note, non si è mai abbattuta e scoraggiata, nonostante la lontananza dei figli, ha sempre lanciato messaggi di pace e speranza alla folla che quotidianamente, sfidando l'esercito, si radunava davanti al suo cancello, incitando i compatrioti a non mollare.

Monaci in protesta.

Forti di questo incitamento, nell'estate 2007, ha inizio una nuova protesta pacifica (la marcia dei monaci), migliaia di monaci buddhisti attraversano silenziosamente le strade della capitale, e con il passare dei giorni diventano centinaia di migliaia. Ma due settimane dopo, la giunta militare reprime nel sangue anche questa protesta, lasciando per le strade centinaia di cadaveri, e arrestando circa ventimila monaci.
Quindi è solo grazie a questa "grande" donna, 65 anni splendidamente portati, che il mondo conosce la Birmania, oggi Myanmar, sotto assedio da uno dei regimi più totalitari e repressivi del mondo, dove non vi è alcuna libertà, non è rispettato nessun diritto umano, dove ci sono ancora i lavori forzati, dove le entrate dello Stato, soprattutto agricoltura, vengono divise tra le alte sfere militari costringendo il popolo alla fame, un paese dopo la nuova capitale, Naypydaw, fortezza dei generali, è inaccessibile ai suoi cittadini.

Tutti noi gioiamo per la liberazione (temo provvisoria, ndr) di San Suu Kyi, ma è tutto fumo negli occhi, le sarà permesso rifondare il suo partito? Sarà mai libera di circolare per il paese?
Ma, a mio avviso, finchè questi generali senza cultura e senza ideologia, saranno appoggiati e finanziati dalla Cina, la democrazia sarà solo un'utopia.

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