domenica 28 novembre 2010

Un assassino, tre identità-Il delitto della domenica

E'un caldo venerdì di luglio quando, nella stanza da letto del loro appartamento di corso Grosseto, a Torino, si scoprono i cadaveri dei coniugi Franco e Angela Porpiglia, di 73 e 65 anni. I due, pensionati, erano di origini reggine, ed era proprio in Calabria che stavano per andare, infatti erano già pronti i bagagli che sarebbero serviti per l'indomani. Ma purtroppo non sono più serviti, in Calabria non andranno mai.
A scoprire i corpi è Marilù, la figlia, poliziotta in Procura. L'orgoglio della famiglia.
     La figlia,vista la partenza dei genitori, voleva passare da casa per salutarli, ma non ottenendo risposta alle numerose telefonate, decide di recarsi in corso Grosseto in compagnia del marito. Quando apre la porta, per poco non sviene. Il padre e la madre sono due corpi immobili, circondati dal sangue. Li hanno massacrati a bastonate e finiti a coltellate: al torace e al collo. La madre è stata colpita alla nuca, forse con quell'ombrello spezzato lì di fianco. Il padre invece, nel corridoio, cercava di fuggire, invano. Il portafoglio di Franco è stato svuotato di carte di credio, bancomat e 500 € da poco ritirati, che sarebbero serviti per la loro vacanza.
      La pista della rapina non viene nemmeno presa in considerazione, data la ferocia eccessiva usata dall'assassino. Il killer non ha lasciato tracce, dato che si è infilato dei sacchetti di plastica sopra le scarpe per non imbrattarsi di sangue; ha lasciato il coltello sporco di sangue nel lavello della cucina e si è cambiato d'abito prima di lasciare l'appartamento.
  
     Fino all'ultimo sperano che l'assassino non sia lui, si fa fatica ad ammetterlo: è Roberto Porpiglia, 37 anni, l'altro figlio della coppia. La certezza si ha quando, la sorella Marilù, disperata, tenta di chiamare il fratello, ma trova il telefono staccato. E non lo riaccenderà più.
     L'ultimo ad aver visto Roberto è il barista verso le 9 e 30, giusto l'ora del delitto, è uscito dalla casa dei genitori, vestito di nero, ed è salito sul tram, il numero 10.

     Ma chi è Roberto? E' un ragazzo, o meglio un uomo che non si decideva a crescere, sempre in cerca di soldi e senza lavoro. Di tanto in tanto, come raccontava lui, faceva il deejay, ma ancora non aveva messo la testa a posto. I vicini raccontano che, più di una volta aveva alzato le mani sui genitori.
     Dopo diversi giorno di ricerche senza esito, la sorella lancia un appello in video al fratello fuggiasco: lo supplica di tornare, di mettersi in contatto con lei, la quale gli garantirà tutto l'aiuto necessario. Roberto non si fa vedere nemmeno in chiesa e al cimitero. Ma allora dov'è? Un amico butta un'ipotesi: e se fosse scappato all'estero? Come dua anni prima, quando andò in Africa, ma poi finiti i soldi non sapeva come rientrare. Ci pensarono mamma e papà, mettendo mano al portafoglio. Come hanno sempre fatto per quel figlio scapestrato.
     Dieci giorni dopo, alla stazione di Torino. dal treno proveniente da Barcellona, scende Ivan Leonardon, così riporta il documento allegato alla denuncia fatta al consolato spagnolo, ivi si è recato Ivan, sostenendo di aver smarrito i documenti. Mentre si appresta a prendere il tram, il numero 10, un agente della polfer, insospettito gli si avvicina e gli chiede: "Sei Roberto Porpiglia?" "No, io sono Ivan Leonardon". Ma l'agente non ne è convinto e lo porta in Questura, dove la sorella lo vede e lo riconosce. Nemmeno dopo 14 ore di pressanti domande, Ivan\Roberto si decide a confessare, cosa che non farà mai.
     Gli verrà riconociuto il vizio parziale di mente, nonostante i suoi show in aula: un denudamento, il racconto di essere stato torturato dalla Cia, ecc.. Fornirà anche una terza identità, quella di un aviatore americano.

     In primo grado viene condannato a 23 anni di carcere, ma non si è mai saputo il movente dell'omicidio.
Questo è l'epilogo, triste epilogo, di Roberto Porpiglia, un eterno ragazzo, che sognava di fare il modello, infatti nei suoi book vi sono foto con sguardo ammiccante, sigaretta in bocca, maglione a girocollo e giacca sulle spalle. Sognava di sfondare nel mondo dello spettacolo. Ma ha sfondato la testa ai suoi genitori.

3 commenti:

  1. Adesso che lo cefo ogni giorno ho imparato ancora a conoscerlo adesso lsvora e il barbiere dell opg dove e rinchiuso

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  2. è il peggior articolo che abbia mai letto nella mia vita. la fine poi è qualcosa di raccapricciante. vergognatevi

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  3. Il peggior articolo che abbia mai letto, soprattutto nel finale!!!

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